Buon anniversario dei moti di Stonewall, prodi seguaci!🌈

Per festeggiare la giornata vi scrivo della questione dell’etero/omoflessibilità, che ho rivisto accendersi in questi giorni su Twitter (perlomeno nella mia TL) e che immagino possa lasciare perplessa parecchia gente al di fuori della comunità queer. Quindi, vediamo di fare un po’ di chiarezza.

Iniziamo dalla definizione: etero(omo)flessibile indica una persona etero(omo)sessuale che sporadicamente prova attrazione sessuale per il suo stesso genere/sesso (opposto).

Sembra tutto liscio e meraviglioso, ma c’è un problema: quella è anche la definizione di bisessualità, che, sebbene venga percepita come una suddivisione 50 e 50 dell’attrazione sessuale tra maschi/uomini e femmine/donne, in realtà è la possibilità di provare attrazione sessuale per entrambi i generi/sessi.

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Anche se a un uomo capita una sola volta nella vita di essere attratto da un altro uomo, si parla di bisessualità: iniziate a vedere dov’è il problema?

L’etero/omoflessibilità toglie visibilità alla bisessualità, che non è quasi mai ben rappresentata e si porta dietro il suo carico di pregiudizi duri a morire… Mi direte: ma se sono termini così problematici e se la loro definizione è compresa in quella di bisessualità, perché si continua a usarli (o perché sono stati proprio coniati)?

Perché è molto facile nascondersi dietro questi due termini: se si è bisessuali – e abbiamo appurato che, stando alla definizione, etero/omoflessibili lo si è – è comodo definirsi etero(omo)flessibili in modo da proteggersi da tutte le discriminazioni che colpiscono le persone bisessuali. Eteroflessibile e omoflessibile finiscono quindi per essere termini intrisi di bifobia, per diversi motivi:

  1. Tendono a minimizzare o eliminare la parte queer, favolosamente presente nella bisessualità;
  2. Danno spago a chi dice che le persone bisessuali fanno parte della comunità queer solo quando hanno rapporti sessuo-affettivi con persone del loro stesso genere/sesso;
  3. Tendono a confondere comportamento e orientamento sessuale: se a un uomo etero viene la curiosità di provare a fare sesso con un altro uomo, questo non lo rende automaticamente gay o bisessuale;
  4. Nel caso dell’eteroflessibilità, il prefisso etero- mette l’accento sul fatto che si è fondamentalmente eterosessuali e che, anche se si hanno avventure sul lato queer del mondo, alla fine si potrà tornare nel confortevole lato “normale” del mondo.
  5. Nel caso dell’omoflessibilità, unire omo- e -flessibilità apre la strada a tuttə quellə che pensano che dall’omosessualità si possa tornare alla “normalità etero” con un po’ di impegno.

So che questi due termini vengono usati in buonafede e anche da persone che attivamente lottano per i diritti delle persone LGBTQIA+, ma vi invito a non farlo più e a interrogarvi sul perché il termine bisessuale sembra non rappresentarvi (sicurə di non avere della bifobia/omofobia interiorizzata?).

Se poi bisessuale proprio non vi piace, create un nuovo termine, che però non invalidi la bisessualità e ricada chiaramente nell’ombrello della multisessualità (cioè tutti quegli orientamenti che descrivono l’attrazione verso più di un genere e nei quali rientrano anche bisessualità, polisessualità e pansessualità).

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16 risposte a “Perché eteroflessibilità e omoflessibilità sono termini problematici?”

  1. Avatar Lettrice Assorta
    Lettrice Assorta

    Wow! Mi hai aperto un mondo! Almeno hai fatto chiarezza. In effetti c’è molta confusione e devo ammettere che io non ci capisco nulla

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    1. Sì, immagino che dall’esterno molte questioni all’interno della comunità queer sembrino per lo più incomprensibili… un po’ forse non siamo bravə noi a farle uscire dal nostro “giro”, un po’ ci si muove in un ambiente non proprio recettivo e che, quando parla di noi, tende a farlo riproponendo cliché ormai stantii…

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      1. Avatar Lettrice Assorta
        Lettrice Assorta

        Si esatto…è tutto uno stereotipo. Comunque almeno nel tuo piccolo hai dato un contributo per fare chiarezza!😙

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      2. Si fa quel che si può!💜 Mi fa piacere contribuire a far conoscere di più la comunità queer!🌈

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    2. Sono d’accordo sul fatto che il termine “bisessuale” comprenda quelli di “eteroflessibile” e di ”omoflessibile”, in quanto la bisessualità prevede varie percentuali a seconda delle propensioni soggettive e personali dell’individuo.
      Tuttavia, non comprendo la maldisposizione e il pregiudizio per cui, se esistono termini più specifici all’interno dell’ampia scala che il concetto generale di bisessualità prevede, chi si senta veramente rappresentato da suddetti termini, dovrebbe volerli utilizzare solo per “bifobia o omofobia interiorizzata”. Trovo coerente che una persona che senta di avere il 90% di probabilità di essere attratta da persone del sesso opposto, e solo il 10% da persone dello stesso sesso, o viceversa, possa sentirsi più rappresentata da una parola che ricordi in maniera preminente la percentuale prevalente della sua sessualità (nel primo caso “eteroflessibilità”, nel secondo “omoflessibilità”). In altre parole, può non risultare proprio naturale, per una persona con forti propensioni verso un sesso e deboli verso l’altro, definirsi con un termine così poco specifico. È un fatto di terminologia, dunque del tutto convenzionale; ma dal momento che, per necessità comunicative, dobbiamo convivere giornalmente con la convenzionalità, penso che non sia giusto precludere a nessuno la possibilità di esprimere in maniera il più possibile appropriata ciò che sente di essere. Non vedo motivo per cui la bisessualità dovrebbe essere presa meno in considerazione, se arricchita di termini sempre più specifici che definiscano gli individui che ve ne fanno parte. La vera domanda, a mio parere, è: perché non usarli? Perché non far conoscere in toto e nei propri dettagli il mondo della bisessualità? Forse è in realtà questa la vera strada verso il riconoscimento di questo universo non ancora del tutto riconosciuto?

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      1. Normalmente sarei d’accordo con te, ma i termini non cadono nel vuoto, ma in una società che ha un certo tipo di pregiudizi: se le persone bisessuali si lamentano che questi termini le danneggiano e tolgono loro visibilità, io credo loro e non mi pare proprio il caso di guadagnare visibilità a scapito di altre persone LGBTQIA+…

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  2. Sono concetti nuovi per me, ma per quella che è la realtà che vedo e vivo, credo che definirsi “eteroflessibile” non metta al riparo più di tanto dalla discriminazione… tutto ciò che non è “compito sesso a luci spente lui sopra lei sotto” è Sodoma e Gomorra, o comunque indesiderabile.

    La distinzione che tu fai è qualcosa che può essere recepito solo da chi ha già un minimo di apertura sul tema rispetto all’uomo/donna della strada.

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    1. Ma il problema è che l’etero/omoflessibilità viene percepita come qualcosa dalla quale si può “guarire” e “tornare indietro” verso la “normalità” (o, se preferisci, voltare le spalle a Sodoma e Gomorra, e tornare a vivere una vita scevra dal “peccato”). Questo non fa bene alla bisessualità e alla sua lotta al diritto di esistere…

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      1. solo tu lo percepisco così. se io sono omoflessibile non posso “guarire”, significa solo che mi sono innamorata di un ragazzo, però per il resto in generale mi piacciono le ragazze. quindi non significa che posso “guarire” significa solo che non sono lesbica perché mi piace un ragazzo, non sono etero perché mi piacciono le ragazze, non sono bisessuale perché i ragazzi in generale, il corpo maschile e tutto quello che fa parte dei ragazzi non mi attrae.

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      2. La bisessualità prevede l’attrazione per più di un genere: non è importante che questa attrazione si sia manifestata una o cento volte.

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  3. Da profana della comunità LGBT, questi tuoi articoli aiutano molto a fare chiarezza, grazie.
    In genere, non amo definire le persone con un’etichetta, ma è utile sapersi districare tra queste definizioni, che stanno entrando nel dizionario di tutti i giorni.
    Per quanto riguarda il termine bisessuale, ho notato un’abitudine piuttosto bizzarra tra gli etero: quando non riescono a stabilire se una persona è gay, lesbo o etero (in base ai propri limiti di giudizio. Magari anche solo perché non ha una relazione stabile) chiudono la questione con un “boh! Sarà bisex”. Come se Bisex fosse una sorta di “cassonetto dell’indifferenziata”, dove buttare tutto ciò che non si sa dove mettere.
    Inutile dire che questa generalizzazione mi provoca un fastidio tremendo.

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    1. Guarda, per quanto possa sembrare strano visto che fa parte dell’acronimo storico (LGBT), la bisessualità pare essere ancora un enorme mistero spaventoso… inoltre, il termine che raccoglie tutto ciò che non è descritto da una parola specifica è queer, quindi si sbagliano da qualunque punto di vista…
      Come ho già scritto in un altro commento, tutta questa confusione deriverà senz’altro da un’incapacità della comunità di comunicare con chi sta all’esterno, ma il mondo istituzionale e dei maggiori media continua a remarci contro ed è difficile far passare una corretta informazione in questo contesto… basta pensare alla mancanza di un’educazione sessuo-affettiva nelle scuole e a quanto sia forte l’opposizione a cambiare le cose (e da un tale cambiamento non ne beneficerebbe certo solo la comunità LGBTQIA+)…

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      1. Concordo. Aggiungerei anche una generale reticenza all’apertura mentale. A prescindere. Soprattutto di questi tempi.

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  4. in effetti non capisco perchè non ci si possa definire bisex con una inclinazione maggiore per lo stesso sesso o per quello opposto.

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    1. te lo spiego io. se io dico “sono bisessuale”, mi lascio col mio ragazzo è un altro ragazzo ci prova con me, come glielo spiego che oltre al mio ragazzo non mi piacciono altri ragazzi? gli dico “scusa ma sono bisessuale?”. ai bisessuali piacciono ENTRAMBI i sessi, a me no, solo un ragazzo del sesso maschile mi piace, ma per il resto non provo attrazione verso il genere maschile in generale

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  5. che cazzate

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