Lontano, nei dimenticati spazi non segnati nelle carte geografiche dell’estremo limite della Spirale Ovest della Galassia, c’è un piccolo e insignificante sole giallo. A orbitare intorno a esso, alla distanza di centoquarantanove milioni di chilometri, c’è un piccolo, trascurabilissimo pianeta azzurro-verde, le cui forme di vita, discendenti dalle scimmie, sono così incredibilmente primitive che credono ancora che gli orologi da polso digitali siano un’ottima invenzione…


Io ho un debole per i libri folli, ma così folli da poter essere nati solo perché la probabilità si è stancata di essere tanto prevedibilmente probabile e si è fatta un giro nell’improbabilità. E meno male.

Di Guida galattica per gli autostoppisti posso dirvi che non contiene un’oncia di quella normalità quotidiana tanto rassicurante per noi esseri umani. Infatti, il motto che attraversa tutto il romanzo (e che rende la Guida galattica per gli autostoppisti così apprezzata nell’universo) è: non fatevi prendere dal panico.

Niente panico anche quando la vostra casa sta per essere demolita dall’oggi al domani per far spazio a una tangenziale. Niente panico quando il vostro pianeta sta per essere demolito per far spazio a un’autostrada iperspaziale. Niente panico quando da un pianeta leggendario vengono sparati due missili che distruggeranno la vostra navicella spaziale.

Si dà il caso, infatti, che se non vi farete prendere dal panico, magari ne uscirete vivi: improbabile non è mica sinonimo di impossibile (a meno che non vi facciate prendere dal panico, naturalmente). Riuscirete a ricordarvi perfino di prendere un asciugamano, strumento indispensabile per l’autostoppista (ma dove vai se l’asciugamano non ce l’hai?).

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