In un non meglio identificato Paese, allo scoccare della mezzanotte di un 31 dicembre, s’instaura l’eternità, perché nessuno muore più. L’avvenimento suscita a tutta prima sentimenti di giubilo e felicità, ma crea anche scompiglio in ogni strato sociale: dal governo alle compagnie di assicurazione, dalle agenzie di pompe funebri alle case di riposo e, soprattutto, nella chiesa, la cui voce di protesta si leva alta e forte: senza morte non c’è più resurrezione, e senza resurrezione non c’è più chiesa… Dopo sette mesi di ” tregua unilaterale”, con una missiva indirizzata ai mezzi di comunicazione, la morte dichiara di interrompere quel suo “sciopero” e di riprendere il proprio impegno con l’umanità.


Il giorno seguente non morì nessuno: già l’incipit è un capolavoro e ci annuncia la genialata tramite la quale Saramago può parlare della nostra umanità partendo da una situazione estremamente improbabile. È come un ricercatore che, lavorando su un modello matematico, arriva a dimostrare qualche legge dell’universo.

E cosa ci dimostra mai Saramago? Lo scrittore portoghese ci mostra come, sebbene la morte sia da sempre cruccio dell’essere umano, la sua improvvisa assenza faccia sorgere nuovi e impellenti interrogativi. Alcuni di questi sono di ordine, per così dire, pratico: cosa fare di tutti questi vecchi allettati e moribondi, ma incapaci di congedarsi dalla vita? Altri interrogativi, invece, riguardano, per esempio, le religioni, che erano nate proprio per alleviare la paura della morte.

Come se la cavano gli umani? Da umani: in qualche modo ci si arrangia. I filosofi cercano di tirar fuori una nuova filosofia, la Chiesa si appella agli imperscrutabili disegni di Dio, la politica si accorda con la maphia per il lavoro sporco… Insomma, si tira avanti.

Peccato, però, che la morte – con la “m” minuscola, non la Morte, l’assoluto che la mente umana non può concepire – decida di riprendere le sue usuali mansioni. Tramite misteriose lettere viola, che avviseranno per tempo il prossimo defunto, in modo che possa sistemare i suoi affari e salutare i suoi affetti.

Lungi dall’essere contenti del gentile preavviso, gli esseri umani si daranno alla pazza gioia per il tempo loro rimanente, infischiandosene di affari e affetti. Probabilmente la morte se ne dorrebbe se non avesse a che fare con una lettera che non vuole saperne di arrivare a destinazione…

Saramago ha uno stile superbo e ribelle, visto che rifiuta diversi segni di punteggiatura e scrive lunghi periodi, piuttosto malvisti di questi tempi. A questo proposito, ho trovato particolarmente efficace la mancanza di virgolette o accapo nei discorsi diretti: rende fisicamente impossibile allontanarsi dal romanzo finché il dialogo non è finito e dà proprio l’idea dello scambio di battute diretto, immediato.

In chiusura, non posso che dire qualcosa sull’ironia di Saramago. Mi ha fatto ridere in diversi passaggi: ridere della morte, degli esseri umani e quindi di me stessa. Allo stesso tempo mi ha fatto intristire per quegli aspetti dell’essere umani che poco ci piacciono e ancor meno ricordiamo (perlomeno coloro che ne sono consapevoli).

5 stars smaller

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